Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche.
(Tatanka Iyotake, Capo Sioux, 1831-1890)
La conservazione della biodiversità coincide con la tutela delle diversità ecosistemiche, un processo che inizia dall'istituzione di aree idonee a preservare specie e habitat a rischio di estinzione, fino ad intervenire nei settori produttivi primari (materie prime, agricoltura, pesca etc). Si deve configurare un'azione multilivello e multidisciplinare, mirata a non perdere un patrimonio biologico unico e irriproducibile.
La biodiversità può esprimere le sue funzioni ecologiche ed economiche, soltanto se gli ecosistemi sono gestiti correttamente, e nel caso questi siano compromessi si deve ricorrere ad interventi di ripristino ambientale e rinaturalizzazione.
La specie umana è la principale responsabile della perdita di biodiversità, perchè nell'Antropocene (così P. Crutzen ha definito l'era che stiamo vivendo) è proprio l'uomo ad innescare i processi irreversibili che portano avanti la sesta estinzione di massa; alcune azioni efficaci per contrastarla sono:
Inoltre, è fondamentale intervenire con campagne di sensibilizzazione e informazione per stimolare la società e il mondo delle imprese a raggiungere una migliore consapevolezza
Conservare significa preservare lo stato funzionale di un territorio (foreste, aree marine, corpi idrici, zone umide), attraverso procedure ed azioni volte ad incrementarne la resistenza ecologica e la resilienza ambientale.
Molto spesso si è cercato di proteggere le specie-ombrello o le specie chiave delle aree in cui si registravano situazioni di emergenza, ma oggi siamo consapevoli che la biodiversità deve essere conservata a tutti i livelli ecositemici.
Pertanto, nella pianificazione di aree protette o di azioni a scopo conservativo, è opportuno salvaguardare i sistemi biologici nel loro complesso, impostando una rete di connessione tra le varie aree naturali. La conservazione di interi eco-sistemi o di paesaggi, infatti, offre una maggiore probabilità di successo a lungo termine, rispetto alla conservazione di una piccola area oppure di una singola specie rara, ciò in ragione delle proprietà emergenti del sistema, della capacità di autoregolazione e della dimensione spaziale del territorio.
Le specie chiave o primarie, occupano una posizione fondamentale per l'equilibrio del sistema, sono pertanto insostituibili, altre giocano un ruolo secondario (comunque non marginale). Un esempio è quello della stella marina (genere Pisaster) che se rimossa dalle aree litorali regolate dal flusso delle maree, favorisce la crescita incontrollata dei mitili, mettendo in crisi le altre biocenosi presenti.
Le specie-ombrello hanno le più elevate esigenze ecologiche, richiedono habitat piuttosto vasti e di qualità. Se viene salvata dall'estinzione la specie-ombrello, si può supporre che numerose altre specie, meno esigenti in termini di risorse e più tolleranti agli stress ambientali, siano salve.
Questo è un concetto piuttosto discusso, poiché, data la complessità di un ecosistema, è difficile o inesatto, individuare una sola specie che possa essere un efficace "ombrello" per tutte le altre. Sarebbe più corretto individuare un gruppo di specie che in quell'ecosistema evidenzi particolari fenomeni di vulnerabililtà, a causa dell'alterazione di habitat o indisponibilità di risorse (specie focali). L'approccio che si preferisce utilizzare, si basa sulla conservazione di interi ecosistemi e paesaggi e non più solamente sulla protezione delle singole specie.
A livello internazionale, i criteri comuni per la definizione delle aree protette sono stati individuati fin dal 1948 dalla IUCN (Unione Internazionale della Conservazione della Natura) e nel tempo si sono adattati alle nuove Convenzioni.
A livello europeo, in aggiunta alla Direttiva Uccelli (79/409/CEE), lo strumento normativo per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali per la flora e la fauna selvatica, è costituito dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE). La direttiva indica i criteri per la creazione di una rete ecologica a scala europea, detta Natura 2000, con zone speciali di conservazione.
Ad oggi, in Italia, sono stati instituiti più di 2.500 siti Natura 2000, 2314 siti di importanza comunitaria (SIC) e 610 zone di protezione speciale (ZPS) - Rif. Ministero dell'Ambiente. Gli habitat d'interesse prioritario per la conservazione sono caratteristici di una zona biogeografica dell'Unione (alpina, atlantica, continentale, mediterranea e macaronesia) oppure sono quelli ridotti o alterati.
Le specie protette sono quelle in pericolo o vulnerabili all'estinzione, quelle rare con popolazioni piccole e quelle endemiche, specifiche di un particolare habitat. In Italia, la Legge quadro sulle Aree Protette (n. 394/91) comprende Norme per la loro istituzione, gestione e criteri di classificazione delle aree stesse, suddivise in Parchi Nazionali, Parchi Naturali Regionali, Riserve Statali oppure Regionali. A queste si aggiungono le aree gestite da Università e Associazioni ambientaliste. Le aree protette rappresentano circa il 19% del territorio italiano, considerati anche i SIC e ZPS (WWF).